Il tempo dei bambini è un tempo magico, dedicato al gioco e alle scoperte, è un tempo di infinito presente, senza passato e futuro, un tempo caratterizzato da una dimensione soggettiva e creativa.
È un tempo fisso, fermo nell’azione che il bambino sta compiendo, senza pensiero o preoccupazione per ciò che dovrà venire dopo.
È fondamentale lasciare il tempo perché il bambino sperimenti, perché possa provare, riprovare, sbagliare, cambiare e riuscire, in una continua altalena tra processo, cambiamento e consolidamento di competenze.
Perdere tempo, in senso di attesa, di tempo da dedicare, per conoscere il bambino che si ha di fronte e per permettere ad esso di conoscersi; prendere tempo per scoprire se stessi e gli altri, accogliere e riconoscere i propri bisogni e le proprie emozioni, quelli più silenziosi e più impetuosi che possono sfociare in grandi risate o pianti disperati.
Il bambino è libero di sperimentarsi e di esprimersi; l’adulto che lo accompagna e lo sostiene, si da il giusto tempo, lento e naturale, per osservare la crescita e l’evoluzione delle relazioni di cui il bambino è protagonista, per arrivare a toccare con mano e con mente pensante un concetto di cura educativa che parte proprio dal rimettersi in ascolto lento.
Jean-Jacques Rousseau: “Bisogna perdere tempo per guadagnarne”